Tutto quello che non sapevi su uno dei piatti più antichi della Campania
Presenta bassissime quantità di colesterolo e conserva tutta la sua tenerezza anche al taglio.
Rosea e succulenta, il suo consumo fino a poco tempo fa non era particolarmente diffuso ma rimaneva confinato nella tradizione gastronomica degli allevatori della Campania e in particolare del Casertano e della Piana del Sele. D’altra parte ancora oggi in Campania sono localizzati circa il 75% dei capi allevati e più del 50% degli allevamenti.
Negli anni ‘40 si usava anticipare la cottura con una marinatura dei pezzi che durava tutta la notte. La cucina locale la utilizzava per gli stracotti, dunque per lo spezzatino e per il ragù, in alternativa alla cottura ai ferri. Oggi alcuni passaggi si sono persi nel racconto della tradizione ma per il suo sapore tipicamente selvatico continua ad incontrare il gusto di un pubblico appassionato.
Per molti anni parlare di bufala ha significato solo mozzarella, latte, creme, yogurt e formaggi. Ora anche la carne è ritenuta un prodotto interessante che comincia ad suscitare interesse ben oltre i confini della regione Campania, per tante motivazioni. Prima di ogni cosa per le sue proprietà nutrizionali: è molto proteica, magra e senza grasso di infiltrazione. Presenta inoltre un’elevata presenza di ferro ed è un’importante fonte di vitamine, tra cui la B6 e B12, nonché minerali come: potassio, zinco, cromo, rame e magnesio.
Un tempo la presenza di questo animale era legata al lavoro nei campi soprattutto nelle zone paludose, contesto ideale per il bufalo che per la sua robustezza era in grado di affrontare i lavori più pesanti per i quali venivano preferiti anche ai manzi. Di conseguenza il bufalo veniva ritenuto un animale a triplice attitudine: produzione di latte, di carne, animale da lavoro. Proprio in virtù del loro habitat questa specie, la “Mediterranea Italiana” riconosciuta in modo ufficiale nel 2000 dal MIPAAF, è rimasta isolata e naturalmente selezionata nei secoli. Nel quadro economico attuale i maschi, rappresentano circa il 50% dei capi bufalini e non utilizzarne la carne significherebbe trascurare una risorsa economica di una certa importanza.
Negli ultimi anni la sua riscoperta è stata legata indirettamente al percorso di valorizzazione della Dieta Mediterranea per le sue qualità organolettiche, per la digeribilità e per la scarsa presenza di grasso. Basti pensare che una bistecca di 100 g di bufalo contiene mg 35 di colesterolo e apporta 130 Kcal, contro le 280 kcal del bovino che ne contiene mg 80. E non c’è da meravigliarsi della sua ricchezza. Si tratta di animali allevati allo stato brado, liberi di pascolare, dunque di una carne che deriva da una crescita sana e naturale. Tutti elementi che contribuiscono a rendere la carne di bufala un piatto appetibile oltre che a dare un sapore unico.